giovedì 30 agosto 2012

Come fare per accompagnare il bambino in quel difficile percorso di consapevolezza ed elaborazione delle emozioni?
Lucilla Ricci

Troppo spesso, sia nell’ambiente educativo che familiare, al bambino viene impedito di prendere coscienza delle proprie emozioni: “Non c’è bisogno di piangere”, “Non fare i capricci” ecc… : col pianto si esprime sempre un disagio, e il disagio nasce da un bisogno. Un bisogno inascoltato crea nel bambino frustrazione, solitudine, turbamento delle facoltà di sentire e percepire. Da qui nasce quell’insicurezza affettiva che lo accompagnerà nella sua vita di adulto sia dal punto di vista individuale che relazionale.
Non riusciranno ad acquisire la capacità di elaborare quello che provano finchè non saremo noi ad accompagnarli in questo difficile processo, non possono da soli elaborare, per esempio, un’ emozione come la paura, che arriva all’improvviso e in modo confuso e disordinato. Spesso siamo proprio noi adulti ad indurre delle paure senza sapere quali potenti mezzi abbiamo in mano: “Ti chiudo al buio se non fai questo”, “arriva il lupo a mangiarti” ecc… Frasi che sembrano appartenere ai nostri nonni e che invece ancora oggi si usano per attirare la loro attenzione e per farsi semplicemente ubbidire.
Le emozioni non hanno solo lo scopo di esprimere uno stato d’animo ma assumono significato nella relazione con l’adulto: durante i laboratori l’azione dell’adulto-educatore è quella di offrire un supporto emotivo che permetta al bambino, attraverso la libera espressione artistica, di canalizzare e regolare le proprie emozioni.

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