martedì 9 dicembre 2014

Arte Terapia - Riflessioni

Arte Terapia - Un po' di storia

Durante la prima metà del Novecento si sviluppano le condizioni per un mutamento: lo sviluppo di nuove teorie psichiatriche in direzione fenomenologia, le avanguardie artistiche e la nascente psicoanalisi fanno sì che nel particolare ambiente dell'ospedale psichiatrico, da un certo momento, non fosse più possibile prescindere dalla "soggettività": le conquiste dell'arte moderna, rappresentano una condizione necessaria per svincolare il linguaggio plastico dei malati mentali da un'interpretazione in chiave sintomatologia, l'espressione artistica offre l'occasione di indagare il comportamento come un processo, e qui "si tratta di descrivere il mondo a partire da una veduta mia" (M. Merleau-Ponty, 1962), così da atto intellettuale l'arte diventa esperienza. La Fenomenologia, che ha maggiormente insistito sulle opere dei malati mentali nella prospettiva di una Lebenswelt, ha convertito lo sguardo mettendo tra parentesi il modo di abitare il mondo:

Si tratta proprio di guardare il mondo, e i fenomeni in esso, con uno sguardo che non è quel potere di obiettivazione che ci ha fatto perdere i fenomeni. E' uno sguardo dello scienzato e del filosofo dell'età moderna, quello che fonda sulla certezza soggettiva la relazione tra soggetto e oggetto, a dover essere messo tra parentesi.Se il discorso della filosofia riattiva l'interrogazione sul mondo, grazie a uno sguardo che recupera l'originario stupore, e se questo discorso istituisce un telos universale, allora bisogna riconoscere che c'è un terreno comune con la letteratura e la pittura, e che il gesto del filosofo si confonde con quello dell'artista, quando questi fa della propria vita un'esistenza che è significazione. ( M. Merleau-Ponty)

Queste nuove alleanze hanno portato a un'estensione che ha reso possibile l'incontro all'interno del processo di comunicazione.
Secondo Karl Jaspers l'anima come anima non può essere oggetto, così nella relazione terapeutica la tensione a capire lascia il posto a uno spazio da abitare. Luisa Martina Colli, psicologa e arte terapeuta, scrive:

Che cosa ha già compreso il mio inconscio, che cosa esso mi sta comunicando, riguardo al processo psicologico attivato dalla relazione tra me e la persona che ho di fronte? Credo davvero che questa sia la domanda fondamentale.
Con ciò non intendo dire che le altre - le quali in genere, mirano a ricavare informazioni sui desideri, sulle resistenze, sui conflitti del paziente - siano delle domande sbagliate, impossibili, arbitrarie: ritengo tuttavia che esse possano essere formulate solo con molta modestia, con molta cautela, restando consapevoli del pericolo che esse spezzino la continuità e la fluidità della relazione. (L.M. Colli, 1998)

La rottura delle abitudini ha dato il via a uno sguardo nuovo, che ha "permesso" le arti terapie, nate in una dimensione reale e quotidiana, all'interno di una prima configurazione: l'arte come terapia, con Edith Kramer, e la psicoterapia attraverso l'arte con Margaret Naumburg. Questi due filoni, quello artistico e quello psicologico-analitico hanno creato, sino dalle origini, problemi d'identità all'arte terapia, riscontrabili anche oggi: l'arte è terapeutica di per sé o acquisisce senso solo se applicata ad una psicoterapia?
M. Naumburg, all'interno del rapporto terapeutico, stimola la comunicazione simbolica e utilizza l'arte come strumento per svelare contenuti altrimenti difficilmente esprimibili: l'espressione artistica è utilizzata come strumento diagnostico e di supporto  in situazioni gravi e giudicate non accessibili alla psicoterapia.
E. Kramer si muove da un postulato differente: il processo creativo è ritenuto di per sé uno strumento terapeutico. Nell'arte come terapia l'arte diventa terapia: il prodotto artistico diventa il mezzo di sostegno.
Alla fine degli anni Settanta, Arthur Robbins, psicoanalista, scultore e arte terapeuta, ha tentato un'integrazione tra queste due diverse posizioni:

Egli afferma che c'è una matrice comune a tutte le terapie espressive e un focus di approfondimento di un polo o dell'altro. Le due modalità, quella strettamente artistica e quella terapeutica rischiano di essere usate difensivamente, l'una dall'altra.
E' per questo che ritiene si debba operare un'integrazione tra le posizioni opposte, partendo dall'ipotesi di un parallelismo tra processo creativo e processo terapeutico e dalla necessità di valorizzare le risorse offerte da entrambi gli ambiti. Facendo un confronto tra l'artista e il paziente possiamo affermare che entrambi sperimentano la necessità di abbandonare la logica cosciente e di accettare momentaneamente il caos come fase di transizione e di trasformazione. (R. Mignone, 2006)

Dunque, per una buona terapia, siamo costretti ad abitare il dubbio. A questo proposito, vorrei sottolineare l'evento della relazione. Le arti terapie nascono sotto la pressione di un bisogno (come affrontare i disturbi post traumatici di tutte le persone sopravvissute alla seconda guerra mondiale),  e ora, ormai alle porte del 2015, dove e quali sono i reali bisogni? 
Dunque è importante stabilire se ci sia ancora qualcosa da dire o da fare, ma non è forse vero che "tutta la nostra vita, come presenza evidente, è il risvegliarsi e il chiarirsi del passato: è temps retrouvé"? 
Se assumiamo come fatto primo il soggetto ma non da solo[…], in relazione con tutti, con tutti i soggetti[…] la verità che dormiva si trasforma, diventa verità tipica, figura essenziale. Ma continua, risvegliandosi, a cercarsi, a correggersi nelle reciproche relazioni che la costituiscono, a cercare un compimento, un telos. (E. Paci, 1961)
Martha Nussbaum definisce l'amicizia, l'amore reciproco, l'impegno civile, beni nei quali è la relazione in sé, in quanto legame e scambio immateriale, in quanto spazio dell'incontro e del riconoscimento reciproco, a costituire il "bene". In questo senso, l'arte terapia come incontro e riconoscimento, deve essere progressivamente realizzata. 







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