martedì 10 settembre 2019

Appunti sulla creatività 
Creatività: dove mi porta questo misterioso sostantivo femminile?
Guardo su Wikipedia e leggo: “Creatività è un termine che indica genericamente l’arte o la capacità cognitiva della mente di creare e inventare; tuttavia esso può prestarsi a numerose interpretazioni e significati”. E ancora, sempre da Wikipedia, una citazione di Albert Einstein: “La creatività non è altro che un’intelligenza che si diverte” , infine, una citazione di Steve Jobs: “La creatività è mettere in connessione le cose”.
A questo punto potrei azzardare dicendo che la creatività ha a che fare con il gioco e con la vita: mettere in connessione le cose fa parte della vita, e, quindi, per essere creativa, dovrei assemblare quello che ho già a disposizione ma creando forme diverse. Questa possibilità mi sembra rassicurante.
Ho sempre pensato che creatività significasse inventare qualcosa dal niente ma per fortuna mi sbagliavo.
Dunque non devo fare altro che riflettere su quello che ho già a disposizione, decostruirlo, ricostruirlo e cercare  forme nuove e soddisfacenti. Ma da dove inizio?
Una domanda ciceroniana sulla capacità che hanno i pittori è ancora, a mio parere, aperta: gli artisti vedono di più?
Ho sempre pensato all’artista come a un essere speciale, dotato di capacità innate, ma già nel medioevo, Alhazen, uno dei più importanti scienziati del mondo islamico, scrive che nulla di ciò che è visibile è compreso dalla sola vista tranne la luce e i colori. La creatività è una cosa molto faticosa, innanzitutto perché mette insieme due problemi: estetico e psicologico, e quando si tratta di creare, le mie  inibizioni diventano autoritarie.  
Quando penso di scrivere, fare un disegno o altro, sembra tutto lì, pronto a prendere forma, ma poi, quando mi trovo davanti a una pagina bianca, gli entusiasmi si bloccano e scompaiono. Tutto quel bianco e quel vuoto mi paralizzano. Come procedo? 
Ci si può educare alla creatività?

Ripenso alla mia infanzia e ai pomeriggi passati a ricopiare i fumetti di topolino. Ho iniziato con quelli, poi sono passata ai robot e alle astronavi. Matita, gomma, matite colorate, un foglio A4 e tutto il mio mondo si dipanava creando infinite possibilità di salvezza. Le ore diventavano leggerissime. Non è cambiato molto, anche adesso, mentre dipingo, il tempo ha la stessa leggerezza ma la paura del foglio bianco non è passata, anzi, si è acuita e ha assunto forme strane. Adesso è severa e giudicante, spesso non mi lascia andare e non mi permette di divertirmi, ma io voglio seguire "le ragioni del cuore". Chiudo gli occhi e ripeto tra me e me: lasciati andare lasciati andare lasciati andare…ma, ovviamente, non basta. So che la direzione giusta ha a che fare con l’intensità.








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